1990
"FENICE è una Società per Azioni con un capitale sociale di € 330.500.000 con sede a Rivoli (Torino). E' interamente di proprietà di EDF Electicité de France, leader mondiale dell'energia. Nasce in FIAT nel 1990 con l'obiettivo di progettare, realizzare e gestire il "Progetto FENICE" relativo all'ottimizzazione degli impianti energetici ed ecologici nei siti produttivi del Gruppo FIAT". Dalla fine del 2001 la società e la sua mission entrano a far parte del colosso energetico transalpino. Nel frattempo il Biellese era già stato coinvolto, suo malgrado, nel grande business dello smaltimento della "spazzatura". Nel 1993, Fenice S.p.A. aveva presentato "alla Regione Piemonte istanza per essere autorizzata alla realizzazione e gestione di un impianto di termodistruzione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi da realizzarsi nel territorio del Comune di Verrone". A Verrone era attivo lo stabilimento Lancia, casa automobilistica notoriamente di proprietà della FIAT, e il luogo pareva essere idoneo all'installazione dell'inceneritore. Nel 1995 il Ministero dell'Ambiente accoglieva la richiesta di Fenice S.p.A. rilasciando parere favorevole in merito alla compatibilità ambientale. A questo punto i biellesi non stettero più a guardare. In migliaia scesero in piazza in più occasioni e si formarono più o meno spontaneamente movimenti "No a Fenice" che trovarono l'appoggio di tutta la società civile e di tutta la classe dirigente e politica biellesi. Nel 2002 i giochi erano ancora aperti, ma EDF si trovò schierato contro tutto il territorio, con la Provincia di Biella, presieduta dall'on. Orazio Scanzio, in prima linea. La "guerra di carte" a colpi di autorizzazioni, integrazioni e azioni contrarie portate sino alla Commissione Europea, si è conclusa nell'autunno del 2003 con il "rigetto" di tutto il progetto da parte della Provincia di Biella che sanciva la vittoria dei "no" e garantiva la salubrità dell'aria biellese.
1991
I centocinquanta anni di attività della "F.lli Graziano fu Severino" fa concentrare l'attenzione su Mongrando e sulle sue telerie. In un contesto tutto laniero e, un tempo in parte, cotoniero, quella delle canape e dei lini mongrandesi è una "storia nella storia" che, oltre alla ditta Graziano, include racconta delle aziende Minazio, Sasso e Siletti. Le tele di Mongrando non si indossano (non più) e quindi occupano un differente settore merceologico, quello dell'arredo e della biancheria per la casa. Prodotti di elevata qualità e ricchi di contenuti innovativi via via riscoperti dalla grande industria, quelle aziende sono state e sono fondamentali per l'economia del paese della Serra e importanti per quella biellese in generale. Serafino Graziano, nel 1841, attivò i suoi primi telai manuali e a forza idraulica nella frazione Graziano. Il figlio Severino spostò la produzione a Ceresane nel 1922 meccanizzando la tessitura. Gli eredi hanno puntato sull'elettronica, sull'informatica e sui jacquard per conferire l'attuale diffusione globale ai propri prodotti, tra cui (fin dal 1938) le sottopezze per il decatissaggio dei tessuti di lana. I fratelli Emilio ed Eugenio Siletti, invece, avviarono la loro fabbrica nel 1876 a Curanuova. Da quella frazione di Mongrando partivano robuste tele utilizzate sulle navi. Nel 1915 anche i Siletti si trasferiscono a Ceresane e dalle 20 tessitrici di quel periodo si passò, sotto la guida di Riccardo e di Umberto figli di Emilio, a ben più di 100 poco prima dell'ultima guerra mondiale. La quarta generazione conduce tuttora la ditta. Lenzuola, tovaglie, asciugamani, fazzoletti ecc made in Mongrando da sempre hanno nei biellesi clienti fedeli e in tutto il mondo sempre maggiori estimatori, anche per la dimensione artigianale che dagli stabilimenti "passa" a chi acquista. Negli anni Quaranta anche Luigi Minazio si è aggiunto agli storici tessitori di Ceresane. Dopo di lui anche Mario Sasso, ormai da più di quarant'anni, si è affermato nella "terra delle telerie".
1992
""Biella sistema aperto" è il titolo di una ricerca sulla situazione e sulle prospettive di evoluzione dell'industria biellese...". Il presidente del Comitato Scientifico UIB, Angelo Pavia, introdusse i lavori di un convegno che vide partecipanti accademici ed esperti di più settori. Luca Paolazzi de "Il Sole 24 Ore" trattò la tematica delle caratterizzazioni distrettuali attraverso la disamina delle condizioni generali di ben 65 distretti in tutta Italia. Mario Deaglio dell'Università di Torino parlò del Biellese utilizzando l'immagine del "castello di carte" suggeritagli da un imprenditore allarmato dalla (presunta) fragilità del sistema: "Sorge, insomma, il dubbio che Biella, se non è un castello di carte, non sia neppure più un castello. In realtà, l'industria biellese è un castello ben saldo, ma non è tenuto assieme da un collante tradizionale". Lo stesso professor Deaglio trattò di capitale umano, fisico e finanziario. E del ruolo di una associazione tra industriali. Vittorio Coda, docente dell'Università "Boccconi" di Milano, sintetizzò i caratteri della struttura finanziaria delle imprese biellesi, delle loro "risorse intangibili" e delle strutturali condizioni di svantaggio in cui si trovavano. Camillo Bussolati, del Libero Istituto Universitario "C. Cattaneo" di Castellanza, affrontò l'argomento del patrimonio di un distretto come quello biellese: "la cultura del fare, o meglio, la cultura del saper fare come e cosa fare e con quali mezzi produrre determinati beni". Il tutto accompagnato dallo spirito imprenditoriale nell'ambito di "una cultura tecnologica dinamica". Gian Maria Gros-Pietro, ancora dell'ateneo torinese, ebbe modo di soffermarsi sulla politica industriale, su chi la dovesse fare, con quali contenuti e con quale ruolo. Le conclusioni della giornata, prima di un significativo dibattito, furono tratte dal presidente dell'UIB, Enrico Botto Poala.