1981
"Quanti sono, da dove partono e dove vanno, che mezzo usano per spostarsi i lavoratori pendolari dell'industria biellese? Chi è il pendolare, quali le sue principali caratteristiche?". Il Biellese e i biellesi stavano ulteriormente cambiando e la comprensione del rapporto "geografico" tra luogo di residenza e luogo dell'attività lavorativa si rendeva sempre più strategica perché anche sulle dinamiche fisiche tra impresa e forza lavoro si giocava il futuro dell'industria biellese. I siti produttivi biellesi avevano dimostrato una certa ambivalenza: da un lato la stanzialità rispetto alle zone di origine (le vallate), dall'altro la mobilità verso aree più accessibili (la pianura). I lavoratori, sempre più nelle condizioni si muoversi, dovevano/potevano "inseguire" le fabbriche partendo da località sempre più lontane, al contrario di quanto era avvenuto in precedenza, quando si tendeva più o meno spontaneamente alla concentrazione delle maestranze il più possibile vicino agli stabilimenti. Alle domande di Paolo Botto Poala, Presidente dell'UIB, rispose il Centro Studi. Gli spostamenti dei pendolari "generano problemi che il più delle volte sfuggono all'analisi per carenza di informazioni". I preziosi dati raccolti tra il novembre del 1980 e il gennaio del 1981 erano statistici, ma anche qualitativi. Lo studio si basava su un campione di circa 20.000 individui identificabili come pendolari (di fatto il 45% degli addetti all'industria biellese) e assegnava alle varie comunità il ruolo di poli attrattivi con saldo positivo e zone serbatoio con saldo negativo. Biella restava la località di destinazione del maggior numero di pendolari, ma ogni giorno uscivano dalla città altrettante persone, mentre Verrone, in ragione della presenza dello stabilimento Lancia, si guadagnava il titolo di maggiore attrazione con 1.355 unità in ingresso quotidiano. Indipendentemente dalla consistenza della popolazione residente, invece, Cossato era il più importante "serbatoio" con più di mille lavoratori giornalmente in uscita contro i 243 in entrata. I pendolari non biellesi che risultarono inclusi nella ricerca furono circa 750.
1982
"In un'epoca caratterizzata da crescenti necessità informative in tutti i campi, gli obiettivi che con il lavoro del proprio Centro Studi l'Unione Industriale si prefigge di raggiungere sono quelli di sempre: documentare l'evoluzione dei principali fenomeni socio-economici locali quale presupposto informativo su cui poter fondare ipotesi di sviluppo ed elaborare linee programmatiche". Con queste parole il Presidente dell'UIB, Giulio Barberis Canonico, presenta il fascicolo dedicato all'analisi della situazione economica del 1982. Nella sintesi dell'introduzione generale si legge: "il giudizio sull'andamento delle principali variabili economiche in Italia e nei principali paesi industrializzati non può che essere, nel complesso, che negativo". Il mondo pativa ancora gli effetti della seconda crisi petrolifera e pagava le conseguenza di "di nuove impostazioni di politica economica ispirate a criteri restrittivi". Il lavoro del Centro Studi affrontava la realtà locale con una lettura delle dinamiche demografiche (il Biellese contava 202 mila abitanti, quattromila in meno di dieci anni prima, ma con quasi altrettanti immigrati), di quelle scolastiche (un terzo dei ragazzi biellesi sceglieva una scuola professionale o l'ITI), di quelle occupazionali (nell'annata 1981-1982 gli occupati erano 42.273 e si erano persi 2.584 posti di lavoro) e di quelle produttive ed energetiche (industria tessile, meccanica e comparto edilizio producevano e costruivano meno, ma consumavano più elettricità e più acqua dell'anno prima). Più consolante la bilancia commerciale con l'estero: importazioni per 463 miliardi ed esportazioni per 584. Positivo anche l'andamento del settore turistico, con più arrivi e più presenze. Complicato e rigido, invece, il sistema del credito. E non era entusiasmante nemmeno l'evoluzione dei prezzi al consumo, con l'inflazione al 16%. Interessante, infine, l'indicazione generale delle aree di "sviluppo" (Biella, Cossato e Verrone), di "stabilità (Pettinengo e Trivero) e di "declino" (Pray e Valle Mosso).
1983
Sono disponibili di dati relativi alla fatturazione su base annua delle aziende biellesi attive nel settore tessile e della maglieria e calzetteria. Espressi in miliardi di lire ecco schematicamente i risultati per il 1983. L'ordinale tra parentesi riguarda la posizione in graduatoria a livello nazionale rispetto alla categoria merceologica di competenza. Settore tessile: Zegna Baruffa Lane Borgosesia S.p.A. 80,444 (8°), Alfred Bertrand S.p.A. 58,240 (22°); Filatura e Tessitura di Tollegno 46,012 (29°); Botto Giuseppe & Figli S.pA. 43,056 (33°); Filatura di Chiavazza S.p.A. 39,139 (36°); Trabaldo Togna S.p.A. 35,872 (43°); Lanificio Luigi Botto S.p.A. 33,140 (48°); Lanificio E. Zegna & Figli S.p.A. 31,973 (52°); Bozzalla & Lesna S.p.A. 31,169 (54°); Martex S.p.A. 26374 (61°); Filatura di Pollone S.p.A. 25,129 (64°); Fratelli Cerruti S.p.A. 22,184 (71°); Lanificio Zignone S.p.A. 19,335 (n.p.). Settore della maglieria e calzetteria: Maglificio Bellia S.p.A. 590,057 (6°). Tra le ditte considerabili come biellesi per ragioni storiche o per appartenenza acquisita si segnalano la Ing. Loro Piana S.p.A. con 39 miliardi netti e un ranking al 37° posto. Impressionante notare la consistenza e l'importanza di alcuni "giganti" destinati a scomparire o a ridimensionarsi drasticamente nel giro di pochi anni. Il caso più eclatante è forse quello del Gruppo Bertrand. Mathieu Bertrand era arrivato a Biella da Verviers nel 1880 e vi aveva impiantato una filatura. La produzione si era poi diversificata (dal 1920 si dedicò anche alla tessitura) fino a consentire alla azienda di trasformarsi in un grande gruppo. Nel 1987, Giulio Bertrand tentò anche la scalata alle Lanerossi di Vicenza, ma non poté competere contro il più forte Gruppo Marzotto. Pochi anni dopo, però, l'impero Bertrand crollò all'improvviso.