1912
La guerra mossa dal Regno d’Italia contro l’Impero Ottomano per il possesso della Cirenaica e della Tripolitania (Libia) comporta per Biella e il Biellese alcuni caduti e un numero imprecisato, ma cospicuo di italiani (e non pochi biellesi) espulsi dalla Turchia che rientrarono in Patria senza lavoro né mezzi di sussistenza. Fu la Lega Industriale Biellese, in piena sintonia col Sotto-Prefetto Carandini, a promuovere una sottoscrizione per soccorrere quei lavoratori e le loro famiglie e a coordinare i propri soci per offrire agli sfollati la possibilità di un posto di lavoro. Sui giornali locali erano pubblicati i resoconti periodici delle oblazioni da cui emergono i nomi degli imprenditori, grandi e piccoli, di allora, ma anche le generalità di semplici artigiani e commercianti desiderosi di dare il proprio contributo in quella causa patriottica. A complicare la situazione c’erano, però, le difficoltà di alcune aziende locali, soprattutto quelle che per lo stato di belligeranza subivano danni mercantili maggiori. Era il caso dei maglifici, che col Medio Oriente avevano instaurato da tempo proficui rapporti commerciali che i combattimenti avevano interrotto. Era il caso della ditta “Maglieria Pietro Calliano” fondata nel 1908 e costretta a chiudere proprio nel 1912. Lo stabilimento del Thes fu poi rilevato dalla Manifattura Italiana di Scardassi. Nel 1913 lo stesso Pietro Calliano tentò una nuova avventura imprenditoriale. Aprì uno “studio di rappresentanze industriali e date le migliori garanzie che il suo nome offre ebbe la fiducia e la conferma di primarie case europee in lane e cotoni”. Nel 1917, però, gli affari non erano particolarmente floridi e il Calliano lasciò Biella per Milano.
1913
Il 18 settembre 1913 è in edicola il primo numero de “L’Industria Biellese. Eco del Commercio di Biella e Circondario”. Il nuovo foglio si presentava come un bisettimanale attento a questioni serie e non ai pettegolezzi, alle piccole diatribe cittadine e agli “scandali di corridoi di pretura”. In prima pagina comparve un articolo dedicato all’industria laniera che val la pena di citare: “La moda del tessuto detto pettinato pare volga al termine sia per il soverchio consumo fatto da stancare il compratore sia per i cattivi risultati dati all’uso: rigidezza e lucentezza! I lanifici stanno ultimando le spedizioni delle stoffe invernali quasi tutte sul tipo cardato morbido e caldo, generi di cui il Biellese si è reso specialista da affrontare vittorioso i mercati di Buenos Ayres, Costantinopoli, Yokoama ecc. Anche la Repubblica Cinese col nuovo costume europeo va aprire i suoi mercati ai nostri industriali…”. L’erronea previsione sul pettinato non sminuisce la visione dell’orizzonte commerciale globale tratteggiato dall’articolista. In quel contesto, di lì a pochi giorni, aprì i battenti l’Istituto Commerciale “Eugenio Bona” voluto dall’imprenditore laniero sordevolese deceduto qualche mese prima. La nuova scuola, la prima del genere in Italia, presieduta dal prof. Camillo Sormano e diretta dal prof. Albino Machetto, doveva preparare provetti ragionieri, tecnici contabili all’altezza della situazione. Le aziende (tessili) biellesi, cresciute nelle dimensioni, nelle strutture e nel giro d’affari, dovevano poter contare su giovani dinamici, preparati nelle lingue straniere, nella merceologia tessile, nelle materie amministrative, legislative e giuridiche.
1914
L’attentato di Sarajevo non porta subito l’Italia nella tragedia della Grande Guerra, ma gli effetti indiretti del conflitto già in corso nel resto dell’Europa si sentono anche nel Biellese. Lo stato di guerra stava provocando seri problemi per ciò che riguardava la disponibilità finanziaria delle aziende, tanto che la Lega Industriale Biellese, nella seduta straordinaria del 6 agosto 1914, deliberò di “invitare le Autorità perché diano disposizione agli Istituti di Credito, acciocchè mettano a disposizione degli industriali i denari necessari alle paghe degli operai”. Inoltre gli industriali, tanto personalmente quanto come rappresentanti delle rispettive ditte, e le istituzioni pubbliche dovettero affrontare anche un’altra questione urgente: molti biellesi avevano trovato lavoro all’estero, ma lo scoppio del conflitto li aveva costretti a rientrare precipitosamente in patria. Tornare a Biella da “profughi” li aveva ridotti spesso a disoccupati bisognosi e solo la generosità di non pochi imprenditori e privati cittadini li stava salvando dalla miseria. Nel frattempo una categoria di lavoratori, gli impiegati, nata spontaneamente con l’incremento delle dimensioni delle industrie e, di fatto, mai coinvolta nelle vicende sindacali dell’ultimo Ottocento, stava cercando anche nel Biellese una propria affermazione d’identità e di rappresentanza. L’Unione Biellese Impiegati e Commessi, costituita ai primi di ottobre del 1910, e regolarmente iscritta alla Camera del Lavoro di Biella, si preparava alla battaglia per la conquista della legge sul “Contratto d’Impiego” del quale, in quei tempi drammatici, si sentiva quanto mai la mancanza.