1930
Ettore Barberis apre il suo nuovo stabilimento di Candelo. La ditta era nata a Biella nel 1917-1918 e "in un primo tempo la lavorazione consisteva in filatura di lana pettinata sistema inglese, mentre dal 1924, al Ditta aggiungeva un assortimento di filatura di lana, sistema francese e la tintoria". Lo stabilimento fu costruito su un campo dove si giocava al pallone e dove era stata trovata l’acqua indispensabile l'attività produttiva realizzando alcuni pozzi artesiani. Le lavorazioni erano eseguite conto terzi, ma anche in conto proprio. La materia prima proveniva dall’Italia, dalla Francia, dall’Inghilterra, dall’Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Sud America. Il primo stabilimento di Biella impiegava 75 dipendenti, mentre all'avvio della fabbrica candelese le maestranze triplicarono. Negli anni Cinquanta il numero degli addetti arrivò a 700. "Durante la Seconda Guerra Mondiale lo stabilimento fu requisito parzialmente dallo Stato che vi sistemò la Piaggio per la costruzione di parti di aerei militari. Alla fine della guerra con fatica e tanta tenacia rimise in piedi il tutto e riprese in pieno l’attività. Con grande lungimiranza decise negli anni 1960 di costruire un nuovo e moderno stabilimento a Magnonevolo la Ettore Barberis e C. dove spostò i reparti di filatura e tintoria e costruì uno dei primi impianti di depurazione delle acque reflue [...]
Costruì anche un impianto per il recupero della lanolina, grasso della lana molto usato in passato dall’industria farmaceutica e cosmetica. Uomo di grandi capacità e ampie vedute, si impegnò in altre unità produttive sempre nel tessile a Cossato, a Varallo, a Milano". Ettore Barberis, conte di Zainera, fu anche imprenditore agricolo e generoso filantropo. Morì a 82 anni nel 1971.
1931
"La crisi che da tempo colpisce la lana, è, per l'ampiezza del ciclo di svolgimento, la più grave che la storia di questa preziosa materia abbia registrato negli ultimi sessant'anni. Essa dura, infatti, dall'inizio del 1928, senza momenti drammatici come quelli che caratterizzarono la crisi del 1921, o quella del 1900, ma con una persistenza inesorabile". Il quadro dipinto a gennaio dal dottor comm. Roberto Dodi, segretario generale dell'Associazione Fascista dell'Industria Laniera Italiana, era a tinte fosche. Ma il mercato delle lane di Vercelli della fine di marzo sembrò smentire l'analisi dell'esperto. Malgrado il volume degli acquisti fosse risultato piuttosto contenuto, l'asta segnò un incremento generale di circa il 10-15%. Stando al Consorzio Filatori Biellesi si trattò di una "competizione animata. In confronto alla vendite del gennaio scorso si nota un rialzo del 15 per cento per le filandre, filazze ed anelli e per le pettinacce, e del 10 per cento per i cascami carde, pettine e filatura e per le lappole. Venduto oltre il 90 per cento". In ogni caso l'economia laniera aveva bisogno di un rilancio, considerando che "i tessuti in genere dal 1929 ad oggi hanno subito un ribasso che si accosta al 40 per cento, ed in certi articoli lo si sorpassa". La disamina di un altro esperto del settore, il dott. Emilio Ottolenghi, portò alla proposta di allestire alla Fiera di Milano "una mostra per la propaganda del tessuto nazionale". In questo contesto il Biellese industriale cercava di non perdere terreno. Affermava il gr, uff. Leone Garbaccio, presidente dell'Unione Industriale Fascista di Biella: "riteniamo che una zona la quale ha, per luminosa tradizione di opere, acquisito fama di lavoratrice e di costruttrice, abbia il diritto di salvaguardare il suo avvenire e [...] debba farsi sentire imperioso il dovere di porre il Biellese in condizioni di parità colle altre zone industriali".
1932
Da "La Gazzetta del Popolo" del 18 ottobre 1932: "Il gr. uff. Garbaccio commissario per la fusione delle Unioni Industriali di Vercelli e Biella. Con deliberazione della Confederazione generale fascista dell'industria, il grand'uff. Leone Garbaccio è stato nominato commissario delle Unioni industriali fasciste di Vercelli e di Biella coll'incarico di fonderie in una sola organizzazione. Il nuovo Ente prenderà il nome di "Unione industriale fascista di Vercelli e di Biella" con sedi tanto in Vercelli che in Biella. Le due organizzazioni industriali della provincia, l'Unione di Biella che raggruppa oltre 50.000 dipendenti e l'Unione di Vercelli che ne raggruppa 25.000 formeranno così un poderoso complesso di industrie. Col gruppo, prevalentemente tessile, concorreranno a formare i quadri della nuova Unione le industrie della carta, del cappello, le concerie, le edili e le nuove moderne aziende della seta artificiale, nonché quelle di trasformazione dei prodotti agricoli che non naturale complemento alla produzione risiera della pianura vercellese". Il quotidiano torinese non pubblicò le ultime righe del "comunicato stampa" diramato per l'occasione: "Il provvedimento, che viene a consolidare sotto una direzione unica tutta l'industria della Provincia, avrà certo benefici effetti, sia per snellezza di funzionamento che per unità di indirizzo". Il 27 gennaio 1933 l'incarico del cav. Garbaccio (1885-1960) fu prorogato di sei mesi, ma gli sviluppi della situazione corporativa rese di fatto inutile l'operato dell'imprenditore mossese.